RECENSIONE: LA BAMBINA CON I SANDALI BIANCHI



Titolo: La bambina con i sandali bianchi  
Autore: Malika Bellaribi
Editore: Piemme 
Pagine: 218
Prezzo: 10,00€

Trama 
Malika in arabo significa “regina”, ma mai nome è stato così poco appropriato. Perché Malika è la settima di nove Figi di genitori algerini emigrati in Francia, e residenti nella bidonville di Nanterre. Un posto dove acqua e corrente elettrica non arrivano, e dove si è ricchi se si ha un tappeto per scaldare il pavimento. Sua madre non l’ha considerata che l’ennesima bocca da sfamare, ecco perché Malika ha imparato a fare tutto in silenzio, a non dare fastidio, per evitare che nuovi lividi si aggiungano ai vecchi. Ma al suo quarto compleanno, la mamma fa qualcosa di inaspettato: le regala un paio di sandali ti bianchi. Ed è per catturare un raggio di sole da far brillare sulle scarpe nuove che Malika si allontana dal negozio d esce in strada. La luce la acceca, ma è così bello sentire il calore sulla pelle. E i sandali quasi si muovono da soli per unirsi al movimento della gente per strada. Poi, in un attimo, tutto accade. È l’inizio di un’odissea, tra ospedali, operazioni, il rancore della madre e della famiglia. Ma è anche la scoperta di un mondo nuovo, fatto di medici e di persone amorevoli che si occupano di lei e le regalano affetto. Poi, sarà l’incontro con la musica a offrirle una via di uscita inattesa. E una nuova speranza.

Recensione

Siamo nel 1956, in Francia, nella bidonville di Nanterre, un quartiere nella periferia della Francia dove regna la povertà. Conosciamo Malika, piccola dolce bambina maltrattata da tutti i fratelli e soprattutto disprezzata dalla madre con la quale non ha nessun tipo di rapporto, persino essere toccata da Malika le provoca come un senso di disgusto. Entriamo così subito a contatto con la solitudine di questa bambina, che fin dalla prima infanzia impara a farsi da parte e stare in silenzio per non scatenare la rabbia della madre. Solitudine che, in un certo senso, la aiuterà durante i lunghi anni di convalescenza nei vari ospedali e case di cura, che saranno casa sua per molti anni. Malika durante gli anni di convalescenza spesso è sola. Le uniche persone che veramente le tengono compagnia sono le suore, che le fanno scoprire la fede e con essa la musica. Passa così le giornate a fissare il soffitto bianco dell’ospedale, in attesa di una nuova operazione, di una visita inaspettata da parte della famiglia, o semplicemente in attesa della messa della domenica, dove finalmente può dare sfogo alle emozioni cantando. È così che passa buona parte dei suoi anni, sino all’adolescenza, quando finalmente, se così si può dire, può ritornare a casa dalla sua famiglia. Famiglia che però continua a trattarla come se non esistesse. La sua assenza anzi peggiora questa situazione. Malika si ritrova adolescente, dopo aver passato un intera infanzia chiusa negli ospedali, a dover iniziare la scuola. Nessuno crede in lei, nelle sue capacità. Ma lei riuscirà a far ricredere tutti quanti liberandosi con non poca fatica da queste catene che la tengono legata ad una famiglia che non sente sua ed un paese che non le appartiene più. Le tematiche trattate da questo libro sono tematiche forti. Passano dal razzismo, alla violenza domestica, dal bullismo alla voglia di riscatto e rivincita. Una lettura scorrevole, forse per questo in certi punti ho avuto come l’impressione di non riuscire veramente ad entrare in contatto con i veri sentimenti che ha provato la protagonista. Io non ero Malika mentre leggevo ma ero una spettatrice della sua storia, e questo ha secondo me penalizzato un po’ questa lettura, non mi ha permesso di calarmi nei suoi panni. Sarebbe un libro da “strappalacrime”, la storia permette, le tematiche sono importanti e i fatti narrati molto gravi in certi passaggi, ma ciò nonostante durante la lettura ero “piatta”. Sotto questo punto di vista mi aspettavo molto di più. Per il resto trovo che sia scritto molto bene, come dicevo poco impegnativo e molto scorrevole, spiegato con attenzione anche nei particolari. Mancava solo quel tocco in più che ti trascina nella storia e te la fa vivere in prima persona. Non mi sento di bocciarlo, anzi, è uno di quei libri da “pulizia” come li definisco io. Cioè quei libri che hai bisogno di leggere dopo aver avuto a che fare con una storia travolgente, che ti ha risucchiato totalmente e che ti fa sentire il bisogno di una storia meno coinvolgente. 

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